Giovanni Ciaravolo

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I miei racconti


Questo racconto è stato pubblicato nel libro "La luce del Natale"
edizioni Tigullio-Bacherontius del 1997



Cambio di guardia

Improvviso si sentiva il colpo, uno squassare d'acqua e di lamiere, la sberla della schiuma fin sopra i vetri della plancia, poi il ritrarsi fragoroso dell'onda dalla prua che riemergeva. Davanti il buio, il nero profondo di una notte di tempesta, fino al bagliore violento del prossimo lampo.
Il Capitano stava in piedi vicino al timone, a dare coraggio al marinaio di turno, chiedendosi perché diavolo non ci fosse anche il Nostromo a fianco del nocchiere. Con un mare del genere non poteva bastare giustificarsi col fatto del Natale. Istintivamente guardò l'orologio, una manciata di minuti a mezzanotte. Proprio una bella Vigilia.
Dalla sala radio uscì qualcuno, ombre intuite di sbieco, per non dare l'impressione di averle viste. Riconobbe le voci, poco più che sussurri; quella del Nostromo, roca e meridionale, discuteva col marconista e l'ufficiale di guardia. Provò ad afferrare qualche parola, ma origliare non serviva, tanto quelli bisbigliavano, Era la solita storia, bastava la sua presenza perché tutti cominciassero a parlare sottovoce, quasi fossero in chiesa. Aveva capito ben presto che non si trattava di soggezione, ma che cercavano di escluderlo, perché non s'impicciasse in chissà quali tresche. Gentaglia.
Molti di loro erano imbarcati da anni su quella nave, tutti amici, tutti tranne lui che era nuovo, un estraneo ad usurpare il posto del vecchio Capitano andato in pensione. Maledetto il giorno in cui aveva accettato l'imbarco su quel bestione. Erano tante 200.000 tonnellate al primo comando, anche per l'orgoglio dei suoi quarant'anni ancora da compiere; quel mucchio di ferraglia doveva rendere bene alla Compagnia, e non bastava tutto l'impegno che poteva, ci voleva incoscienza per affrontare qualsiasi tempo, fosse pure Natale. Ma si sarebbe fatto rispettare. Pure se giovane e fresco d'imbarco era lui il Comandante e la sua nave sarebbe arrivata in quel maledetto porto puntuale, come da contratto, alla faccia della tempesta e del suo fottutissimo equipaggio. Se li immaginava quei rammolliti a criticarlo, a dire che il Vecchio non avrebbe insistito, che dovevano accostare, mettersi a ridosso per aspettare un poco di bonaccia, e a quel paese la Compagnia, che poi tanto nessuno di loro sarebbe stato a casa per Natale, anche a schiantarla in mezzo alla burrasca quella carretta.
Però avevano ragione, sarebbe stato tutto inutile, non ce l'avrebbero fatta nemmeno per cena. Troppe miglia a dividerli da chi li aspettava, troppo lontani per goderselo almeno un paio d'ore quel Natale. Sua moglie e la loro piccina avrebbero avuto troppo tardi anche quei regali.
Là fuori il vento s'ostinava a urlare tutta la sua furia con una forza impressionante, come se dovesse dimostrare chissà cosa a qualcuno che continuava a scrollare la testa insoddisfatto. Il mare così si gonfiava d'un rancore antico, mai risolto, sfogato su chiunque osasse sfidarlo, fosse anche solo l'avanzare lento di quella nave che a tratti sembrava fermarsi esausta, respinta da un muro d'acqua ostile.
Emersero dal fragore della tempesta brandelli di voci eccitate alle sue spalle. Si voltò nell'istante in cui un marinaio stava dando qualcosa al Nostromo che veloce strinse il pugno, il gesto rapido di un colpevole.
Quello era il momento. Adesso avrebbe fatto vedere a quella marmaglia chi comandava lì a bordo.
- Nostromo! -
- Sì Comandante? -
- Venga qua Nostromo! -
- Un attimo Comandante. -
- Adesso Nostromo... la prego. -
Quello tentò un sorriso, poi rassegnato s'avvicinò.
- Cosa tiene in mano Nostromo? -
- Niente Comandante. -
- Mi faccia vedere. -
- Ma no Comandante… è una sciocchezza. -
- La mano Nostromo! Mi mostri la mano. -
Il pugno lentamente si schiuse, scoprendo un pupazzetto, un piccolo putto di plastica, di quelli da pochi soldi, un po' bruttino.
Il Comandante lo prese mentre il Nostromo provava a balbettare una spiegazione.
- E' per il Presepe, non si trovava più; abbiamo rivoltato la nave... Sa, lo facciamo tutti gli anni, mia figlia ci tiene tanto. Lei a casa e io qui, insieme agli altri. E' per sentirsi un po' meno lontani. -
Il Comandante lo guardò stupito, con l'aria di chi ha appena perso una certezza e nella testa gli si stanno affollando troppi dubbi, niente di dignitoso.
- Venga - tagliò corto il Nostromo - le faccio vedere. -
Pochi passi, fino alla sala radio, dove in un angolo avevano sistemato alla meglio una capannetta di legno, della paglia e qualche statuetta legata per farla stare in piedi, un po' di spago a reggere tanta fede.
I due si guardarono a lungo, poi il Comandante porse il Bambinello al Nostromo:
- Mi scusi - disse imbarazzato - avevo frainteso... Ecco, tenga. -
- Ma no, non io. Non le abbiamo detto niente per farle una sorpresa. Ora tocca a lei, al Comandante, come tutti gli anni.-
Fuori dalla porticina intanto s'erano ammucchiate le facce abbronzate dei marinai e le tute annerite della gente di macchina, mezzi sorrisi sospesi ad aspettare. Il Comandante esitò un poco, poi si chinò e poggiò il pupo tra la paglia.
Potente e solenne l'acuto di una sirena squarciò l'aria. Mezzanotte, il cambio di guardia. Qualcuno tra gli uomini della nave accennò un goffo segno della croce e il vecchio marinaio si passò la mano sulla divisa un po' sgualcita, prima di tenderla al suo Capitano.
- Buon Natale Comandante. -
L'ufficiale strinse quella mano con quanto vigore poté:
- Buon Natale Nostromo. -
Ci fu un altro colpo, ancora lo squassare d'acqua e di lamiere e gli uomini di corsa che tornavano ai loro posti, solo che adesso sembrava tutto diverso, più vicino il porto, un po' rabbonito il vento e qualcos'altro, che chissà cos'era.

Giovanni Ciaravolo © Copyright 1997 Tutti i diritti riservati



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